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10 motivi per NON aprire una pagina facebook

Utili, ma non sempre.
Necessarie, quasi mai.
Numericamente quasi invalidanti.
Avere una pagina in facebook a volte è addirittura deleterio per la tua attività. Vediamo insieme perché, in 5 esempi.

spam_facebook#1 – Utilità
Quale utilità ha la pagina che stai per aprire?
Vendita di scarpe on line dal tuo sito? Allora ok, vai pure. Lì fuori è pieno di gente che ama acquistare on line e la segnalazione di buone offerte sulla tua pagina può nel suo piccolo essere di aiuto.
Ma se la tua pagina serve per promuovere orecchini che non vendi on line, eventi che organizzi in un territorio limitato, un solo ed unico prodotto (come un libro), la tua attività di pittore sul quale postare miriadi di foto in diverse angolazioni… forse non è il caso di sprecare energie. Non perché non sia interessante, ma perché esistono altri modi per promuovere un singolo prodotto e una singola attività via facebook o sui social network. Persino un blog o una piccola App gratuita è più utile (oggi se ne possono creare con pochissimi click e a costi davvero irrisori).

#2 – A te le pagine piacciono? Le segui (davvero)?
Persone che stimo molto mi hanno detto: Se un problema è tuo, è molto probabile che sia anche degli altri o comunque di molta altra gente.
Ognuno di voi ha ricevuto negli ultimi mesi almeno 3 inviti a mettere un like su una pagina. Alcuni inviti li avete ignorati, altri accettati ma escludendo le notifiche, almeno dopo i primi tre post sparati nell’arco di 24 ore.
Se lo avete fatto voi, mettete in conto che lo facciano molte altre persone.
Se amate le pagine fb e le apprezzate tutte, createne una o dieci tutte vostre.
Se così non è… perché propinare ad altri qualcosa che a voi interessa poco?

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#3 – Rapporto matematico
Tutti abbiamo una sola identità (per chi ha più di un profilo personale, ci sono buoni medici). Ma molti di noi, per fortuna, hanno diversi interessi e un’attività in proprio. Se io creassi una pagina per In My Suitcase, una pagina dedicata al mio ultimo romanzo (e per par condicio anche ai primi due) e ovviamente alla mia attività professionale di blogger, consulente social media e traduttrice, avrei dalle tre alle sei pagine. Tutte per altro utili quanto le bomboniere dei matrimoni.
Seguendo l’andazzo attuale del ‘creo una pagina per ogni mio respiro’ avremmo nel giro di pochi anni un rapporto persone pagine di 1 a 3. Non è gestibile né tollerabile. E l’effetto sarà quello della sensazione di spamming di cui al punto #2.

#4 – We don’t need another logo. 
Pensiamo ad una cosa: chi ci segue su faccialibro? Chi ci conosce, chi ha condiviso pezzi di vita con noi e non vuole perdere le nostre tracce, chi ci stima, chi ci ama, chi ogni tanto ama farsi i fatti nostri.

Bene, non è meglio comunicare i contenuti che ci riempiono la vita direttamente con loro dal nostro profilo personale?
Esempio; apri un sito sulla tua attività di giornalista. Crei un blog in cui ne parli, periodicamente condividi pezzi e pagine del tuo sito (quello non può mancare) sul tuo profilo personale.
I tuoi amici o conoscenti lo commenteranno facendoti restare algoritmicamente in evidenza sulle wall di altri tuoi contatti e loro contatti, altri lo apprezzeranno e condivideranno (oppure anche no, ma almeno molte più persone più o meno note sapranno cosa fai nella vita).
Tenete a mente che il 76% dei contenuti che diventano virali NON partono da una pagina ma da un profilo personale. Ecco, pensiamoci.

Ah…
Per favore, non dite e non pensate alla frase ‘preferisco dividere vita privata e lavoro’!! Vi ricordo che il nostro profilo personale di facebook è PUBBLICO (indipendentemente dalle impostazione della privacy che usiamo, molte persone lo possono vedere).
Resta una faccenda pubblica anche se mettiamo cose strettamente intime.

Lavorare viaggiando – come ricreare l’ambiente lavorativo

Nella rosa dei lavoratori più fortunati (spesso non dal punto di vista economico, c’è da dirlo) ci sono quelli che lavorano viaggiando.
Questi si dividono in due tipologie:
1 – coloro che possono lavorare ovunque in quanto ‘free-lance’ (o lavoratori autonomi da postazione remota);
2 – coloro che devono spostarsi per lavoro, come i free-lance che hanno clienti fuori dal proprio territorio di residenza, i fotografi e le fotografe che devono fare reportage lontano da casa, professionisti che partecipano a fiere internazionali ecc.

Per entrambe queste categorie, il problema organizzativo non è solo relativo agli spostamenti e ai biglietti, tanto meno solo alla scelta del bagaglio normale o capsulare. Questa tipologia di lavoratrici e lavoratori ha anche a che fare con la necessità di ricreare un ambiente di lavoro decente.

Come fare quindi per ri-creare ritmi e l’ordine (o il disordine) del proprio ufficio o della propria postazione anche altrove?

Ecco alcune massime per il lavoratore migratorio.

1 – Non di solo computer vive un free lance
Crediamo spesso che il nostro universo lavorativo ruoti solo attorno a quel rettangolo apribile, ma non  è così. La nostra concentrazione in realtà viene coadiuvata da altri piccoli riti e oggetti che fanno parte della nostra vita lavorativa:
Dal taccuino con TUTTI gli appunti, le note e gli schizzi che facciamo mentre parliamo al telefono o durante le sessioni in skype con colleghi e collaboratori, al cuscinetto anti-infiammazione al tunnel carpale, se stanno in valiga, portiamoli con noi.
Affidiamoci ad altri oggetti che possano diventare punti fermi, non solo per avere delle piccole comodità simili a quelle di casa, ma anche per aiutarci nella concentrazione.
No ad appunti su fogli volanti presi in hotel, no ai post-it messi dove capita, no al telefono in borsa da recuperare solo se suona.   , invece, alle agende fedelissime o ai mouse-pad in carta, che fungono anche da calendario e blocco per gli appunti.

2 – Se la carta esiste dal 3000 ac, ci sarà un motivo. 
Personalmente, dico anche NO alle note prese direttamente sul computer. Il motivo è semplice e pratico: chi lavora da remoto 8 volte su 10 lavora anche dal telefono, tra uno spostamento e l’altro. Meglio annotare appunti e scadenze sempre sullo stesso supporto. (I possessori di apparati Apple mi diranno che quello che ho sul pc lo trovo anche sul telefono e Ipad. Ma sti cazzi! Io mi riferisco alla concentrazione che dà l’avere sempre con sé lo stesso supporto. Già siamo migranti, almeno affidiamoci a piccoli spazi che possano sostituire la casa/ufficio che emotivamente non avremo mai)
Scrivere una nota sul post it elettronico e l’altra sul cellulare crea disordine, anche se esistono dispositivi in grado di unire i dati di computer e smartphone, la carta vince sempre, ancora.
Per altro, se fossimo stati tanto organizzati da poter gestire gli appunti su più dispositivi, sincronizzando (e controllando la sincronizzazione) di tutti i tuoi strumenti di lavoro… probabilmente adesso avremmo un lavoro serio, con un ufficio serio e uno stipendio serio.

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3 – Adattamento non vuol dire martirio
La nostra scrivania, lo sappiamo, non può venire con noi. E neanche la nostra sedia anti cervicale. Men che mai il massaggiatore di piedi tibetano, ma made in China, appoggiato sotto la scrivania di casa. Ma da questo a dover lavorare rannicchiate su uno sgabello senza una gamba, mentre un roditore si rifà i denti sulle nostre unghie dei piedi ce ne passa!
Cercate un hotel o un ristorante con wi-fi o uno spazio di co-working che almeno abbia tavoli spaziosi e puliti e sedie/divanetti comodi. Già il lavoro e la vita sanno essere una valle di lacrime… cerchiamo di volerci bene nei limiti delle nostre possibilità.

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4 – Spazio solare ma serio. 
Che tu decida di lavorare in un co-wo, sul letto dell’hotel o sul terrazzino assolato di una sala conferenze, togli le cose che possono distrarti o trasmetterti un senso di disordine.
Se sei sul letto, togli i vestiti ancora pieni di fumo, alcol e vomito della sera prima. E magari fai uscire cortesemente il tuo amante se ci sta ancora dentro.
Se sei sulla scrivania, elimina rossetti, vibratori, biglietti del tram, guide turistiche con segnalibro nel prossimo museo che non vedi l’ora di vedere. Finisci il tuo stupido report/articolo/traduzione e dopo ci penserai.

5 – Mind the desktop
Le sole cose che puoi portare con te ovunque, sempre uguali, sono i dati sul tuo computer o i dati su Cloud. Per questo è importante che tutte le cartelle di lavoro siano e restino in ordine.
Consiglio anche ai disordinati e alle disordinate compulsive come me di fare un po’ di ordine sul desktop prima di partire. Il disordine nel quale vi orientate benissimo prima di partire non sarà vissuto allo stesso modo quando sarete via, e il rischio di non trovare subito dati precedentemente salvati sarà più alto, perché in viaggio la mente è presa da altre priorità più essenziali, come il ricordarsi dove si potrà trovare un market aperto alle due di notte, dove si spegne il riscaldamento e come non farsi arrestare in terra straniera.
Quello che a casa è ovvio, in viaggio passa automaticamente in secondo piano. Anche il ricordare in quale sotto-cartella hai nascosto il report da mandare entro due ore.

 

#freelance life in 15″. Video episode 5 – Ah, it’s snowing…

La social media strategist e il suo metodo per decodificare la realtà.

The freelance Social media strategist And her Way to learn about reality.
‘Yes, I’ve read it on Facebook’.

Dormi, mangia, blogga. Come superare le crisi creative.

Ho già detto due o tre cose sul lavoro di blogger (come campa, cosa fa, chi li manda e chi li paga).

Ora veniamo ad una delle difficoltà dei blogger in generale e del business & travel blogger in particolare.
La crisi creativa riguarda tutti i lavori, non solo quelli ‘creativi’ per definizione. Ma la sindrome del figlio bianco e la carenza di idee può riguardare ancor più spesso il creativo che lavora in solitudine, da remoto (termine azzeccatissimo).

Veniamo alle soluzioni per le due specificità di blogger:

Business blogger e i blog aziendali.
IMG_0378.JPGCi sono personaggi che curano i contenuti dei blog delle aziende per aiutarle nell’aumento del traffico e quindi nelle vendite e nella web reputation.
In questo caso una crisi creativa può venire dalla difficoltà di trattare spesso di argomenti specifici e talvolta molto tecnici.

soluzioni possibili:

1- consultare le statistiche e le analisi del traffico per capire quali argomenti, pagine e prodotti sono in deficit di visite. Le parole chiave di questi argomenti possono (per questioni di SEO devono) essere titolo del nuovo articolo. E con un buon titolo si è già a metà dell’opera.

2 – auto plagio.
Anche ripetere qualcosa che si è già scritto, modificando o parafrasando un paragrafo da un precedente articolo, non solo è un buon viatico al blocco creativo ma è anche un modo per riportare traffico a precedenti pezzi.

3 – studio e appunti per prevenire la crisi creativa.
Le idee e l’ispirazione sono come l’apocalisse: non sai mai quando arrivano ma bisogna essere pronte. Quando si studia e si cercano articoli sull’argomento del blog o sui prodotti del cliente (cosa da fare almeno tre o quattro ore a settimana) , tenete sempre accanto un blocchetto per prendere appunti perché tutto tornerà utile per il prossimo pezzo calendarizzato.

Travel blogger

Difficile inventare pezzi nuovi e utili, soprattutto quando non si fanno grandi viaggi per un po’. Ovviamente tenere il blog non aggiornato non si può, o meglio, si può ma a me non piace. (Leggi anche, giusto mantenere la calma, queste Pillole per blogger sociopatici) .

Ecco alcune soluzioni:

1 – Riprendi un precedente articolo su un precedente viaggio e amplia un punto in particolare. Esempio in un articolo come questo (3 cose che non ti diranno su Budapest) potrei potenzialmente scrivere un articolo su ognuno di questi tre elementi (e credo che lo farò).

blogger crisi creativa2 – Parti da una foto.
Non sottovalutare il potenziale di una foto fatta durante un viaggio!
Rivedendo vecchie immagini è possibile far nascere una storia, soprattutto se le foto sono particolarmente originali.
Un articolo può anche essere un foto-articolo: molte immagini e poco testo. Attenti però alla parte SEO e alle parole chiave!

3 – Parti dal titolo… con un aiutino.
Personalmente amo sfidare la crisi creativa insieme al buon senso e a volte anche il buon gusto usando Portent, un generatore automatico di titoli ironici, assurdi, SEO oriented. Faccio una prova, inserisco PARIS nelle parole chiave ed ecco cosa esce come primo risultato: PARIS TABOOS YOU SHOULD BREAK.
E credo che inizierò a scrivere questo articolo…

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Quali sono i migliori paesi per vivere da freelance?

Tasse, sistema, mentalità. Tasse e poi ancora tasse.
Sono molti i freelance (lavoratori autonomi da postazione remota) cui sento spesso esprimere il desiderio di andare via, altrove a realizzare la propria vita lavorativa.
Ma rispondere alla domanda ‘Bene, allora andiamocene. Ma dove?’ è tutt’altro che semplice, perché se la volontà  è quella di ovviare ad un sistema fiscale troppo oneroso, bisogna studiare e conoscere quelli degli altri paesi.

Cercando informazioni, propongo un po’ di destinazioni:

valigia-libriMalta.
Il sistema fiscale a Malta è stato concepito in maniera tale da favorire gli investimenti provenienti da paesi stranieri. Dall’aliquota d’imposta progressiva per le persone fisiche (che non supera il 35%) alle procedure amministrative semplici, i punti di forza del sistema fiscale sono diversi. Nessuna trattenuta fiscale, l’iva al 18% e un sistema previdenziale equo; a Malta, se sei un lavoratore autonomo verserai provvisoriamente le tue tasse (secondo l’aliquota corrispondente al tuo reddito) durante il corso dell’anno, in 3 rate, più il 15% per la Social Security, ovvero le tasse per il mantenimento dello stato sociale.

organizzare-bagagli-e-valigie12Ukraina, Repubblica Ceca, Montenegro.

Ecco la sorpresa numero 2. L’Ucraina è tra le più popolari mete di freelance espatriati, e tantissimi sono i lavoratori ucraini da remoto che guadagnano dall’estero restando in patria.
Gli affitti (di case e uffici) sono bassissimi se paragonati al resto d’Europa, come bassissime sono le tariffe delle bollette di luce e internet. Idem per il Montenegro, che viene gradualmente scoperto anche nelle sue bellezze naturali e non.
Anche la Romania e la Repubblica Ceca sono posti dove è conveniente spostare la propria attività, tanto più se si lavora per clienti esteri, quindi con tariffe del Nord e Centro Europa o degli USA e tasse locali.
Per capirci, in Europa bisognerebbe avere clienti di Belgio e Lussemburgo, lavorando e pagando le tasse in Ucraina, Montenegro e Repubblica Ceca.

Quanto sia complesso decidere dove andare a f…are il proprio mestiere, lo si evince da una ricerca fatta lo scorso giugno dal blogger Jassie Nickles;  attraverso un sistema di calcolo, il blogger ha stilato l’elenco dei migliori paesi da suggerire ai freelance includendo nell’algoritmo
– sicurezza nella gestione degli affari,
– apertura degli autoctoni,
– costo della vita.
Ne è venuto fuori un elenco che ha in cima Macedonia, Georgia, Emirati Arabi Uniti, Marocco, Hong Kong, Montenegro, Malta, Taiwan ed Etiopia.

Lo stesso Nickles era perplesso: ha quindi deciso di ampliare la ricerca con interviste ad amici emigrati e decidendo arbitrariamente di escludere i luoghi in cui vige la Sharia, e di includere i luoghi in cui vi sia un buon sistema di assistenza sanitaria.
Il nuovo elenco vede ai primi dieci posti Emirati Arabi Uniti, Portogallo, Hong Kong, Estonia, Taiwan, Malesia, Quatar, Oman, Porto Rico e Spagna. 
La Spagna è tra i paesi europeibcon il costo della vita più basso (escludendo Madrid e Barcellona) ma dove un autonomo deve versare una base mensile di 280 euro per l’assistenza sociale.

Insomma, se si va via, non può essere solo per una questione di tasse. Bisogna prendere in considerazione tantissime variabili, molte delle quali personali, che definiscono cosa ha un costo e cosa ha un valore nella propria definizione della qualità del lavoro e della vita.

Io, ad esempio, sarei disposta a pagare persino più tasse in cambio di un paese con un’alta etica del lavoro e con buoni servizi sociali.

Per leggere la ricerca di Jassie Nickles:
http://www.collegetimes.tv/best-countries/

La verità sul lavoro di ‘blogger’.

Di cosa campano? Chi li paga? Lavorano davvero dove e quando vogliono?

La rete è piena di articoli con ottimi consigli su come  diventare un Travel Blogger, o un blogger in generale.

Decisamente un lavoro affascinante. Scrittura, autonomia [e già qui siamo in un concetto relativo], occuparsi dei propri interessi [ehm, no, anche qui è il caso di discutere].
Insomma, intorno a questo nuovo tipo di lavoratori digitali , visti più come figure mitologiche che professionali, ruotando domande senza precise risposte e anche molti miti da sfatare.

How-to-Become-a-Freelance-WriterScendiamo nel dettaglio e vediamone alcuni insieme.

1 – Di che cosa campa un blogger?
Vi diranno che  Fashion Blogger e Travel Blogger sono i più richiesti, quelli che riescono anche a campare solo di blogging e ad avere inserzioni pubblicitarie. Non è propriamente vero. Anzi, è un po’ come dire che tutte le ballerine di danza classica riescono a mantenersi con la loro attività di danzatrici.
Il blogger anzi tutto non guadagna solo dal proprio blog e scrive anche per quelli di altre aziende, dietro compenso. Questo lo farà se il cliente lo ritiene bravo, ovviamente.
Come un giornalista, un blogger non deve necessariamente essere super competente in merito agli argomenti richiesti dal cliente. Basta che abbia voglia di:

– studiare nuovi argomenti
– renderli (e renderseli) interessanti
– saperli raccontare.
– saperli e poterli condividere sui social. (Per un blogger di professione, ogni follower su uno dei propri social è potenziale fonte di credibilità verso il prossimo cliente).
Poi, il blogger scrive anche sul suo blog personale, che serve a volte come vetrina, altre come sfogo, altre come ulteriore fonte di guadagno.
Quest’ultima possibilità dipende soprattutto dal numero delle visite al suo blog, ed è per questo che in genere i fashion blogger e i travel blogger hanno più possibilità: trattano argomenti di interesse molto generale e trasversale.

2 – libertà
Possono lavorare dove vogliono e quando vogliono! La libertà non ha prezzo.
Ecco, anche su queste due frasi (spesso dette anche sui free-lance in genere) c’è molto di cui parlare.
La verità è che i lavoratori digitali da postazione remota (che fa meno figo di free-lance e blogger ma che definisce meglio la tipologia di lavoro), lavorano quando DEVONO e dove POSSONO.

Al cliente interessa poco che tu sia in un villaggio vacanze o sulla punta di un iceberg. Devi avere una connessione e fare il tuo dovere.
Ecco una galleria di posti in cui ho recentemente lavorato.


Veniamo alla ‘libertà’ di orari. Se le scadenze si susseguono in maniera regolare, tutto ok, basta essere organizzati. Si può iniziare a lavorare al mattino alle 10.00 o alle 8.00 sorseggiando caffè in pigiama. Ma se, ad esempio, tutti i clienti sono in fase di progettazione, eventi, cambiamenti da promuovere, potresti trovarti ad iniziare a lavorare alle 4.00 di mattina per poter finire alle 20.00 dal momento che alle 21.00 devi essere all’evento a fare foto. (perché, come in tutti i lavori fatti bene, non ci si può limitare a fare solo quanto scritto nell’accordo, bisogna andare oltre. Ma questo rientra nell’etica professionale personale).

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3 – Basta uno smartphone.
No, non è vero. Serve un Iphone. Non amo fare pubblicità a marchi che non ne hanno bisogno e che non mi danno una lira, ma non posso esimermi. Quando avevo uno SmartPhone Samsung controllavo cose. Da quando mi hanno regalato un Ip4, lavoro dal cellulare.
Non ho neanche più bisogno del tablet; salvo alcune tipologie di aggiustamenti on line, si può fare il blogger dal telefono. Anche nel caso del tablet, se non è Apple meglio lasciar perdere.
Almeno, nel mio caso con il passaggio all’infame mela morsa, si è del tutto cambiato universo.

4 – Il mondo dei blog è in declino/è morto
Avere un sito web e non avere un blog all’interno dello stesso è come avere una vetrina e tenere le saracinesche abbassate e nessun’insegna. Il web è una piazza stracolma di marchi, siti, negozi on line. I blog costantemente aggiornati servono alle aziende per salire di posizione nei motori di ricerca ed essere trovati dagli utenti che ancora non li conoscono.
Persino una pagina facebook è del tutto inutile senza delle notizie fresche da condividere almeno una volta a settimana.
Ed è inutile che tali notizie vengano scritte direttamente come post sulla pagina facebook, perché quest’ultima deve servire a portare traffico sul sito, dal momento che è da lì che si vende.
Per questo serve un blog con articoli freschi che possano interessare più gente possibile, possibilmente in più paesi (ergo, meglio blog in doppia lingua) da condividere sui social.
I blogger fanno anche questo.

In breve, il blogger lavora non dove vuole ma ovunque debba,
deve studiare, studiare, studiare. Meglio se anche (in) altre lingue.
Fa spesso le ore piccole.

Ora che la fiaba e il mito sono interrotti, spezzati, distrutti, sei sicuro di non voler fare l’impiegata/o?

Freelance life – #dinner

Video Freelance life in 15 sec. Episode #0

Hungry. Search for recipes online that lead to a sudden work inspiration … then, dinner with what you bump into, while you continue working.

Co-wo per viandanti, un ufficio ovunque nel mondo

In viaggio si può e talvolta di deve lavorare. E in periodo di crisi, va bene così.
Lavorare in stanza di albergo o in appartamento però non è stimolante, in ostello è impossibile e, dal momento che si è fuori, meglio godersi la città anche mentre si lavora.

Ecco allora un elenco dei migliori spazi di co-working che non implicano abbonamenti necessariamente mensili, adatti a travel-worker di passaggio, in alcune città del mondo.

Berlino è la capitale europea delle start-up, del lavoro 2.0 e quindi anche del co-wo. Una struttura che merita è senza dubbio la Sankt Oberholz , che al piano superiore ospita anche alloggi e camere. 

Se la vostra destinazione sono gli UK, questa community di start up può essere di aiuto. Non fatevi ingannare dal sito dalla grafica così triste da provocare attacchi di pianto. Offre un’ampia scelta di strutture in tantissime parti del Regno.

Giovane, accogliente, con profili di utenti strafichissimi e molto norvegesi è lo spazio di Oslo, MESH. Ogni iscritto ha anche la possibilità di organizzarvi eventi promozionali della propria attività, aumentando le possibilità di fare rete. Consigliato però a chi si ferma per minimo un mese.

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Per gli USA, ecco a voi una carrellata di immagini e spazi nelle principali città. Anche se io, a dire il vero, a NYC ho preso la mia postazione gratuita da Gregory’s, (una specie di Starbucks, ma dove prima di servirti un cinnamon roll hanno la decenza di riscaldarlo).

E se si va in Italia? 

Niente paura, siamo più avanti di come ci auto-descriviamo. Esiste la rete Coworking project che segnala indirizzi regione per regione, città per città. Non tutti gli spazi sono ovviamente uguali; in alcuni posti sono dei veri e propri open space nati per essere co-wo; in altre città, come Matera, Reggio Calabria, si tratta di ampie stanze con scrivania messe a disposizione (in affitto) da liberi professionisti nei loro uffici.

1931Invece a Roma c’è una cosa che ci piace: non proprio un co-wo perché non ci devi per forza portare un pc e lavorare, non proprio un bar o caffetteria perché puoi anche non bere nulla. Si chiama (per altro) Anticafé, ed è un ‘all you can stay’.  4 euro per un’ora, 12 per un giorno, 200 euro per un mese. Quindi, per capirci, se si vuole solo bere un tè e controllare e rispondere alle e-mail, meglio una normale caffetteria con wi-fi. Ma per lunghe riunioni, giornate intere a lavorare lontani da casa o dall’ufficio o se dovete restare in zona per qualche settimana, un’ottima soluzione, che comprende nel prezzo wifi, proiettore, fax, stampante, scanner, libri, riviste e giochi da tavolo, frutta e succo d’aranciata, sul bancone dalle 9 del mattino e fino alle 23 di sera, anche il sabato e la domenica. (si trova anche a Parigi nel quartiere di Beaubourg).
http://www.anticafe.fr/it 

Mamma, vado in Jamaica a bere Rum.

Lo farei solo per poterle dire questo. E lei, la mamma, risponderebbe solo ‘Ma non fare come l’altra volta, che ti sei scottata perchè non usavi la crema solare’. Il giorno in cui questa conversazione avverrà, Dio sarà con me.

Per poter scherzare con mia madre in questi termini, dovrei partecipare anche io al bando promosso da Appleton, una marca di Rum della quale sinceramente sino a ieri non avevo mai sentito parlare. Anche perché la verità è che non bevo Rum, ma per vincere questo concorso forse potrei iniziare (il mio fegato si è venduto per molto meno).

Diamo maggiori dettagli: nell’ambito della campagna “Appleton Chiringuito – #MolloTutto”, Appleton Estate Italia, offrirà ad una fortunata o un fortunato vincitore la possibilità, a partire
da febbraio 2015, di vivere l’atmosfera giamaicana presso il Chiringuito Appleton andando alla scoperta di questa magnifica isola, delle sue tradizioni e dell’approccio alla vita positivo e passionale dei suoi abitanti.

AEJR V-X6 CMYK (1)Il bando di concorso propone un contratto semestrale  con una persona in grado di fare dei piccoli reportage dalla Jamaica. I reportage dovrebbero avere come epicentro di interesse la Giamaica e le sue tradizioni attraverso immagini, parole e video. Il campo base sarà sulla spiaggia, presso il Chiringuito ufficiale del brand.

Il vincitore o la vincitrice otterrà un Contratto di Lavoro a Progetto presso la società vanGoGh per prestazioni intellettuali.

Ai 1.400 euro mensili offerti si aggiungono le spese di vitto e alloggio. Insomma, il lavoraccio sembra essere ben retribuito!

Ci si candida caricando sul loro sito un video auto-promozionale.

*cose imparate scrivendo questo articolo:

1 – L’azienda di cui sopra è tra le più famose produttrici di Rum in Italia. Forse anche oltre (non ho tempo ora per indagare perché devo fare la valigia, as usual)
2 – internet è carente di foto della Jamaica che vadano oltre a Bob Marley, le canne, culi e spiagge.

Leggi di Murphy applicate all’assistente di volo

7f25ea15df3b9560dd97ba265b3a38f2Ogni assistente di volo conduce una personale lotta contro/con il suo lavoro… Siate gentili, sempre. 🙂
Invito a leggere questo pezzo divertentissimo ri-bloggato da maditerraodivolo.wordpress.com.

MA DI TERRA O DI VOLO

“Se qualcosa può andar male, lo farà anche in cross check.”

 

LEGGI DI MURPHY APPLICATE ALL’ASSISTENTE DI VOLO

Scritto da Giulietta e Engi a 4 mani!

1. Niente è facile come sembra: se chiedi ai tuoi passeggeri  “dolce o salato?” la risposta sarà sempre “Sì”.

2. I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedire loro di nuocere: anche se continui a ripetere che in cabina è vietato fumare, troveranno sempre il modo di farlo nella toilette!

3. Quando piove, diluvia. E tu devi farti la lunga strada in divisa dal parcheggio fino in aula briefing!

4. Se sei di buon umore, non ti preoccupare: troverai un passeggero che te lo farà passare.

5. Se si spiegano le cose in modo tale che nessuno possa non capire, qualcuno non capirà, nonostante tu abbia appena fatto la Demo, il tizio davanti a te sta ancora parlando al…

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5 ways travelling can make you rich

Let’s be clear, I’m not talking about richness of the soul, peace of mind and heart and those stuffs that are enought for people like me (and most of you). I’m talking about money. Yes, you can make them travelling, in some ways.

And I won’t even write, in this article, about the work experiences that will allow you to earn as much as you need to keep a decent life while travelling; I’ll tell you about some experiences of people who made a quite good amount of money with particular (and legal) jobs that can just be done travelling.

Let’s start with:

Teaching (languages, yoga, private dance classes).
Well, these are not jobs that generally make you rich. But I mention them because there are countries such as China, Russia, Arab Emirates, where a lot of new rich families are able and willing to pay high qualified professional from all over the world to give private lessons to some family member. Travel Blogs are the best ways to have informations and contacts (nomadic matt is not bad…). If you are a good teacher of your language, you should subscribe to the international database such as findmyfavouriteteacher.com and many others.

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Cruise Ship Crew.
No job on a ship is easy, but if you’re good and patient (very good, and very patient) you can make a quite fast career, being paid more than the average amount of your peers, gaining a very solid work experience and gaining contacts with people from around the world. For those who can speak more than one language everything is a bit easier. I must say that most of the times, the conditions for people not coming from the U.S or Europe and with a lower level of education are bad and the possibility to earn a decent income is very low.

Selling luxury products
If you are a jewels maker or an haute couture designer and tailor, don’t waste your time and money staying home. At least, not only. You can create your blog, learn how to use the Social Networks and learn about SEO articles in order to be know all around the world (if you don’t want to learn it all by yourself, hire an expert… like me, for example!) and go to your clients to design with/for them your next luxury product.

Be creative and… TRUST IN WHAT YOU DO!.
I’ve found, searching on the internet, a lot of websites and blogs of people who, as far as they say, earn a quite good amount of money putting their business on line and travelling. Like in the case of wanderingtrader.com, they are not the maximum experts in something, but they are optimists. Sometimes they make their lives look more shining than it actually is… but nobody will trust (or pay a lot of money) to someone who shows to be sad, afraid, demotivated.
When they start, they trust in what they are doing even in the worse moments. And if you don’t trust on what you do, why should the others?

PS: I’ve used a lot of expressions such as ‘decent amount of money’, ‘quite a lot of money’ etc. The point is my level of ‘richness’ may be different than yours! Sorry, Bear with me.

Il lavoro vien viaggiando

scarpe e bauleRead the article in English at the bottom of the page

Se è vero che non di soli agriturismi vive chi viaggia, è altrettanto vero che non di solo inglese vive chi lavora. E neanche di solo tedesco o di sola Europa + USA.

Il lavoro è una delle migliori scuse per viaggiare, quindi perché accontentarsi dei posti a noi più vicini, non solo nella geografia ma anche nell’immaginario? Tra le ragioni al viaggio, il lavoro è di certo se non la più seria quanto meno la più impegnativa, quindi tanto vale spingersi oltre. Alcune ragioni per scegliere di lavorare fuori dall’Europa e/o in paesi non anglofoni? Eccone tre:

Le aziende vogliono novità…
Ogni anno entrano in circolo migliaia di CV di persone al netto di esperienze leonardo/erasmus, viaggi con la scuola di due settimane in Scozia/Irlanda/Malta/Francia/Germania.  Tutte cose che alla aziende risultano utili al 30% e per i candidati sono elemento di competitività solo al 30%. Il restante 40% serve ai bei ricordi di chi le ha vissute (dati forniti dal mio generatore automatico di percentuali).
Per le aziende, l’Europa è una grande occasione. Ma non certo l’unica.
E se sul tuo CV fosse scritto ‘un anno in Thailandia’?
Oppure ‘Sei mesi in Cina per studiare il mandarino e lavorare come ragazza/o alla pari’?

Chi se ne frega di cosa vogliono le aziende?
Ok, il discorso liberal-chic della concorrenza nelle aziende, dell’emergere tra la massa, del CV da arricchire con qualcosa di speciale l’ho liquidato. Veniamo a cose più serie, perché diciamolo… nel bilancio di una vita, chi se ne frega della bella impressione che facciamo al boss di turno o al segretario che ci tiene a colloquio?
Fare un’esperienza lavorativa in un paese lontano dal nostro immaginario teleguidato ha un impatto anche sulla nostra vita sociale e comunicativa.
Niente dopo sarà più lo stesso. Sulla Cina insegna più un ideogramma che un’intera carriera in azienda!
Non ti prendono nella sede giapponese di yahoo? Poco male, se ti accettano in un sushi bar hai vinto!
Il premio consiste nell’umanità variegata che vedi, negli odori che senti, nella fatica che impari, nella diversa attitudine al lavoro che potrà liberarti da molti tuoi retaggi nazionali. 
E se ti va poi di tornare, saranno poche le cose che ti faranno ancora paura, persino in Italia.

E a mio avviso non avrai neanche più voglia di regalare il tuo valore aggiunto ad un’azienda. Lo userai per te.

cina-economiaImpari prima qual è il tuo personale valore aggiunto
Nel leggere un annuncio di lavoro a Budapest, mi ha incuriosita una specifica richiesta per la ricerca del candidato/a ideale: Italian Ability to be pro-active and to think “outside the box’, ossia volavano la tipica attitudine italiana a risolvere i problemi in modo creativo, anche uscendo fuori dai percorsi scontati o ufficiali. (se di interesse, qui l’offerta)

Alcune cose si apprendono anche attraverso la propria cultura e le contaminazioni cui questa è sottoposta. E spesso non sappiamo riconoscere le nostre potenzialità acquisite sinché non le vediamo da lontano.
Più lontano andiamo, meglio le vediamo, va da sé.

Ipotesi e dritte sulle mete:
Cina – Shangai dista solo 10 ore di aereo da Milano. L’aereo parte la sera e arriva al mattino, idem al rientro. I voli non sono poi tanto costosi (AR anche a 500 euro – stesso prezzo medio annuo per un AR per la Finlandia e la Danimarca)
Per avere un’infarinatura di cinese prima di partire, consiglio il metodo Chineasy.
Sul sito www.saporedicina.com, molti spunti su tutto ciò che concerne il vivere e lavorare in Cina.

Ovviamente anche il Giappone resta un ever green della fascinazione orientale. Il sito  www.gaijinpot.com funziona come un motore di ricerca con l’inserimento di parole chiave per destinazione, scopo (lavoro, studio, viaggio breve o lungo) e tipologia di lavoro.
Dà anche nozioni per l’apprendimento della lingua, ma a mio avviso su questo aspetto esiste di meglio, come skitter (anche per il Cinese).

Per andare diversamente a oriente, perché non provare con la Thailandia? Conosco diverse persone che hanno vissuto, studiato o lavorato lì (per posta privata potrei provare a mettervi in contatto con loro) e sono tutti molto felici dell’esperienza vissuta, sul piano nozionale e umano.
Qui, alcune posizioni per cui sono richiesti italiani e italiane.

Per altri spunti su come lavorare viggiando, leggi anche Travel networking e Coolhunting – global travel worker 

PS: se non fosse chiaro, non ritengo che la fuga di cervelli sia un dramma nazionale. Forse credo nell’esatto contrario.

 

article englishThe work comes travelling

If it’s true that not by restaurants alone does a traveller live, it must be said that not by English  alone does a worker live. Nor German and Europe + USA.

The work is one of the best excuses to travel, so why shall we settle for the closer places, not only in geography but also in the imagination? Among the reasons to travel, work is certainly not the most serious, but at least the most challenging, so let’s try to go a bit out off tracks! Do you need some reasons for choosing to work out of Europe  and USA (and / or in non-Anglophone countries)? Here are three:

Companies need something new…
Every year, there are thousands of resumes coming into the market, that report shortly experiences such as leonardo / Erasmus, school trips of a couple of weeks in Scotland / Ireland / Malta / France / Germany. All things that are 30% useful to the companies, 30% for applicants as an element of competitiveness. The remaining 40% is just a matter of sweet memories for those who lived  them(data supplied by my automatic generator of percentages).
For companies, Europe is a great opportunity. But certainly not the only one.
And what if you could write in your CV: ‘a year in Thailand’?
Or ‘Six months in China to study Mandarin and work as an Au pair?

Who cares about companies?!

Well, ok, now that I ‘ve spoled the liberal-chic  argument of competition and of the need to make the difference in your CV and bla, bla, bla we come to more serious things; because to tell the truth… in the balance of a life, who cares about the good impression that we give to the boss or to the guy of the interview?
To gain work experience in a country far away from our imagination has an impact on our social and communicative life.
Nothing will ever be the same anymore, after .
You didn’t win a position in Yahoo Japan? Not bad, if you accept a position in a sushi bar, you win!
The prize consists of the varied humanity that you see, the tastes and perfumes you feel, in the effort that you learn, in the different attitude to work that will set you free you from some of your national heritage .

And in my opinion, you won’t even  desire anymore to give your added value to any company. You’d use  it for yourself!

You’ll learn earlieri what is your personal added value
In reading a job ad in Budapest, I was curious about a specific request they made for the ideal candidate: Italian Ability to be pro-active and to think “outside the box ‘.
We learn things through our own culture and its contamination. And often we do not recognize our acquired potential, as long as we don’t look at it from far away.
The farther we go, the better we see, of course.

Clues and tips on destinations:
China – Shanghai is a 10 -hour flight from Milan. The plane leaves in the evening and arrives in the morning, and flights are not so expensive ( RT can be but 500 EUR – the same annual average price for a RT to Finland and Denmark )
To have a smattering of Chinese before leaving, I recommend the Chineasy method.
On the web site www.saporedicina.com , many ideas on everything related to living and working in China.

Of course, Japan remains an evergreen fascination for Western Europe. The site www.gaijinpot.com works as a search engine by entering keywords depending on destinations, purpose (work, study, short or long travel) and type of work .
It also gives ideas for learning the language but in my opinion you can find something better on this matter, such as skitter ( aso for Chinese ).

Why not Thailand? I met several people who have lived, studied or worked there and they are all very happy with the experience. Here, some ideas for foreigners.

PS: No need to explain that, in my opinion, brain drain is not a national tragedy . Maybe I believe the exact contrary.